Libro I - I Quattro Libri dell’Architettura
- Titolo
- Libro I - I Quattro Libri dell’Architettura
- Descrizione
-
I Quattro Libri dell’Architettura di Andrea Palladio hanno esercitato un’enorme influenza, diffondendo la conoscenza delle opere e delle idee dell’architetto italiano ben oltre la piccola cerchia di committenti eruditi e architetti che riuscivano a raggiungere l’Italia per vedere i suoi edifici. L’efficace impianto grafico del libro, con la sua combinazione di testi e illustrazioni, costituì una lezione per tutti i successivi libri sull’architettura. Fu ampiamente distribuito non soltanto in successive edizioni italiane, ma anche in molte traduzioni integrali o parziali.
Con ogni probabilità, Palladio maturò l’idea di pubblicare un libro sull’architettura fin dagli esordi della propria carriera. Aveva davanti a sé l’esempio del Quarto Libro (1537, sugli ordini) e del Terzo Libro (1540, sulle antichità e i capolavori moderni) di Serlio. La sua visita a Roma nel1541, lo indusse probabilmente a pensare che avrebbe potuto fare meglio, mentre la nomina di Serlio ad architetto di Francesco I di Francia deve averlo spronato. I suoi primi studi su Vitruvio, la progressiva raccolta di un corpus di disegni di opere antiche e moderne, nonché l’eleganza con cui formulò i suoi primi progetti contribuiscono a suggerire che di pari passo con i propri studi e l’attività di architetto procedesse di proposito alla creazione di materiale per un libro. La prima indicazione circa l’esistenza del libro in forma manoscritta è data dagli accenni che ne fanno Doni (1555) e Daniele Barbaro (1556); quest’ultimo scrive che esso è principalmente dedicato all’architettura domestica «con le piante, gli in pie[di], profili di tutte le case, & pallazzi, che egli ha ordinati a diversi nobili, con l’aggiunta di alcuni belli Edifici antichi ottimamente dissegnati». L’attenzione rivolta alle case rappresenta un cambiamento rispetto alle priorità di Vitruvio e Serlio che danno la precedenza agli ordini e all’architettura religiosa (il Sesto Libro di Serlio, sulle case, i palazzi e le residenze di campagna non fu mai stampato).
L’impostazione data da Palladio si ispira probabilmente a Trissino, il quale inizia il suo breve saggio manoscritto sull’architettura dichiarando: «La architettura è un artificio circa lo habitare de li homini, che prepara in esso utilità e dilettazioni». Anche Alvise Cornaro, nel suo trattato non pubblicato di architettura, si concentra sulle case.
Nel 1555, Palladio forse ritenne di dover costruire di più in modo da poter presentare una valida architettura moderna sulla base esclusiva dei propri lavori e all’inizio degli anni sessanta del Cinquecento era in grado di farlo; gran parte dei primi tre libri è già redatta nel manoscritto conservato alla Biblioteca Correr, databile al periodo 1561-1565. Nel 1566, Giorgio Vasari era a Venezia dove vide il manoscritto di Palladio e utilizzò i propri appunti su di esso, alquanto confusi, nella stesura della biografia di Palladio (1568). Il lavoro preparatorio ai testi e alle illustrazioni è ulteriormente documentato da disegni e da soltanto quattro righe scritte da Palladio e non da aiutanti (come il manoscritto Correr).
Battista Zelotti, nella propria rappresentazione dell’Architettura negli affreschi di villa Emo, celebra gli ancora inediti Quattro Libri: la dama esibisce un libro manoscritto, con la pianta della villa stessa.
Il 21 aprile 1570 l’editore Domenico de’ Franceschi – probabilmente un socio, non un parente dell’importante editore di testi di architettura Francesco de’ Franceschi – richiese i diritti veneziani per l’opera ancora composta da tre, e non quattro, libri. Il titolo subì un’ultima trasformazione: l’opera comparve dapprima come Due libri dell’architettura e Due libri delle antichità, titoli che divennero ben presto un unico Quattro Libri (ma con due dediche, una per ciascuna coppia di libri, all’amico e committente Giacomo Angaran e a Emanuele Filiberto, duca di Savoia).
Nel completare il proprio libro, Palladio trasse vantaggio dalla recente pubblicazione di buone traduzioni illustrate dei testi chiave sull’architettura (Vitruvio e Alberti), ai quali poteva, per molti argomenti, fare semplicemente riferimento. Il suo lavoro evita gli errori di Serlio (come annotare le dimensioni in caratteri piccoli invece di inserirle in maniera leggibile sulle piante) e trae vantaggio dall’abile presentazione degli ordini fatta da Vignola (1562) e dall’esempio delle eccellenti illustrazioni delle antichità contenute nel Libro di Labacco (1552).
Palladio offre una chiara, coesa guida all’architettura, impostata in maniera molto simile alle contemporanee guide alla grammatica e allo stile. Inizia con la descrizione delle componenti di base e le regole che le governano: gli ordini, la forma delle stanze, i tipi di volta, le porte, le finestre, le scale. Nel Secondo libro mostra come queste possano essere combinate a comporre palazzi e ville. Nel Terzo libro esamina gli edifici pubblici, a cominciare dalle strade e dai ponti, per poi passare alle piazze, alle basiliche e perfino a un ginnasio. Il Quarto libro si differenzia alquanto dagli altri: dopo osservazioni generali sull’architettura religiosa, Palladio pubblica le proprie ricostruzioni dei templi antichi, con succinte, ma acute analisi storiche e architettoniche di ognuno.
Palladio si rivolgeva a un pubblico ampio che comprendeva artigiani colti, studiosi, architetti, potenziali committenti e gentiluomini eruditi. La decisione di adottare uno stile di scrittura chiaro e diretto – «mi servirò di quei nomi, che gli artefici hoggidì communemente usano» –, assieme alla chiarezza delle illustrazioni, rese l’operazione possibile.
Nei Quattro Libri Palladio si presentava al mondo. Non è un’autobiografia bensì un autoritratto. Palladio non sceglie di raccontare la propria storia, il lungo, difficile e felice cammino che lo porta dall’originaria condizione di artigiano alla fama di principale architetto, e scrittore di architettura, di Venezia. Il suo libro però rivela senz’altro il suo senso della professione; la riconoscenza nei confronti di Trissino, Angaran, e altri committenti; il suo scetticismo e acume critico; l’ammirazione nei confronti di molti artisti, il fervido dialogo con le rovine dell’antichità. Trasmette il sentimento che le belle architetture offrono una qualche consolazione di fronte alle avversità della vita; l’orgoglio nei confronti delle proprie creazioni, come la chiesa di San Giorgio o la Basilica di Vicenza: «non dubito che questa fabrica non possa esser comparata à gli edificij antichi; & annoverata tra le maggiori, e le più belle fabriche, che siano state fatte da gli antichi in quà, si per la grandezza, e per gli ornamenti suoi». Nei Quattro Libri Palladio celebra il fatto che anche a lui fosse riservato un posto nella nobile storia delle arti in Italia, tracciata dall’amico Vasari.
Howard Burns (2008)
- Data
- 1570
Parte di I Quattro Libri dell’Architettura
