Si chiama Palladio Museum, due parole che non hanno bisogno di traduzione su internet, ma che fondano la propria identità nel mondo antico greco e latino, tanto che nel disegno del logo è rimasta la memoria del dittongo della scrittura "musaeum".
Con il Palladio Museum gli studiosi raccolti nel Centro palladiano raccontano ad un largo pubblico le proprie ricerche nel mentre si stanno svolgendo; in particolare - ma non esclusivamente - quelle su Andrea Palladio. Gruppi di studiosi lavorano su progetti di ricerca che diventano i temi delle stanze del museo, ognuna delle quali ha tendenzialmente la durata di un anno sulla base di un programma triennale.
Non è il mausoleo di un eroe morto, è piuttosto un luogo dove far crescere una cultura dell'architettura, lontano dalle ciniche logiche della professione, che consumano saperi senza produrne di nuovi. Il Palladio Museum lavora su Palladio, ma senza "attualizzarlo", e men che meno proporlo come modello formale per l'oggi. Indaga il passato con gli strumenti della filologia e attenzione ai contesti, indispensabili per cercare di comprendere un mondo sfumato e lontano, e al tempo stesso vicinissimo e molto concreto, ogni volta che camminiamo fra palazzi, ville o chiese costruite secoli fa. La missione del Palladio Museum è leggere alla radice temi e concetti significativi anche nel nostro presente, rappresentandoli e discutendoli con l'orizzonte di creare una piattaforma culturale per l'architettura di domani.
Finora i progetti di ricerca hanno riguardato la comunicazione, la tecnologia, il rapporto con l'economia e con il paesaggio, il disegno di organismi complessi. Essi sono temi chiave per Palladio, e sono alla base della concezione dei Quattro Libri così come dei progetti urbani, delle ville in campagna e delle chiese veneziane; al tempo stesso sono temi di una agenda contemporanea.
LA BASILICA
Nel 1496 crollano le logge appena costruite intorno all’antico palazzo della Ragione, sede di Consiglio e magistrature cittadine e, al piano terreno, di botteghe. Per quattro decenni si discute la sua ricostruzione, coinvolgendo i grandi architetti della regione, compresi Sansovino nel 1538, Serlio nel 1539, Sanmicheli nel 1541 e da ultimo Giulio Romano nel 1542. Nonostante pareri tanto illustri, nel marzo del 1546 il Consiglio cittadino decide di vagliare il progetto di un architetto locale trentenne: Andrea Palladio. È una vittoria di Giangiorgio Trissino, capace di coagulare intorno a Palladio le litigiose famiglie vicentine.
Altri tre anni di discussioni, e il primo maggio del 1549 viene aperto il cantiere, dopo che a favore di Palladio si sono espressi la fazione filofrancese con Girolamo Chiericati e quella filospagnola con Giovanni Alvise Valmarana. La costosa realizzazione, tutta a carico della città, procederà a rilento: il primo ordine di arcate settentrionali e occidentali sarà concluso nel 1561, il secondo livello, avviato nel 1564, sarà completato nel 1597, il prospetto su piazza delle Erbe nel 1614.
Disegni palladiani mostrano come egli arrivi alla soluzione finale. All’inizio, temendo crolli, progetta delle arcate massicce, che però tolgono luce all’interno delle logge. Quindi concepisce un azzardo strutturale: concentrare i carichi in pilastri molto più sottili ma poderosi perché interamente in pietra. Fra di essi riduce al massimo la parte muraria, mettendo in serie la cosiddetta serliana, composta da un arco affiancato da due aperture laterali rettangolari. Concepita per la prima volta da Bramante, e resa popolare da Serlio nel suo Quarto Libro (Venezia 1537),la serliana è una “traduzione in latino” della polifora gotica. Essa serve a Palladio anche per tener conto dei necessari allineamenti con le aperture e i varchi del preesistente palazzo quattrocentesco: la sequenza di serliane mantiene costante la larghezza degli archi maggiori, mettendo in secondo piano la larghezza variabile delle aperture laterali rettangolari, necessaria per assorbire le differenze di ampiezza delle campate. L’idea di questo utilizzo “elastico” della serliana giunge a Palladio da Giulio Romano, che l’aveva applicato anni prima lungo la navata della chiesa del monastero di San Benedetto in Polirone.
Palladio definisce «basilica» il palazzo della Ragione circondato dalle nuove logge in pietra, in omaggio alle strutture della Roma antica dove si discuteva di politica e si trattavano affari. La carriera di Palladio è a una svolta: diviene ufficialmente l’architetto della città di Vicenza, responsabile di un’opera grandiosa. Il salario di cinque ducati al mese costituirà per la famiglia Palladio una preziosa fonte di reddito, fino alla morte di Andrea nell’agosto del 1580.
Guido Beltramini (2020)