Il Greco di Tufo è un vino italiano che beneficia della menzione D.O.C.G. (Denominazione di Origine Controllata e Garantita). Viene definito un Rosso travestito di Bianco, coltivato nel cuore dell’Irpinia; ovvero la provincia di Avellino
Il vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo” può essere elaborato nella tipologia "spumante" con il metodo della rifermentazione in bottiglia (metodo classico) purché affinato per almeno 36 mesi in bottiglia a decorrere dal 1° novembre dell'anno della vendemmia.Il Greco di Tufo, come da disciplinare, viene vinificato in 8 comuni: Tufo, Altavilla Irpina, Chianche, Montefusco, Prata di Principato Ultra, Petruro Irpino, Santa Paolina e Torrioni.
Il comune di Chianche sorge nell'area della Valle del Sabato. È un borgo di 459 abitanti, situato a 356 metri sul livello del mare e a 24 km da Avellino. Il territorio si estende per 6,61 km² e i comuni confinanti sono: Altavilla Irpina, Ceppaloni, Petruro Irpino, San Nicola Manfredi, Sant'Angelo a Cupolo e Torrioni.
L'etimologia del nome sembrerebbe provenire dal termine "Plancae": pietre quadrate che, utilizzate per lastricare le strade romane, venivano estratte presso una cava, tuttora esistente, nella frazione Chianchetelle. Gli abitanti sono detti chianchesi e San Felice di Nola è il loro patrono.
Il comune di Prata di Principato Ultra sorge nell'area della Valle del Sabato. È un paese di 2.995 abitanti, situato a 310 metri sul livello del mare e a 13 km da Avellino. Il territorio si estende per 10,99 km² e i comuni confinanti sono: Altavilla Irpina, Grottolella, Montefredane, Montemiletto, Pratola Serra, Santa Paolina e Tufo. È bagnato dal fiume Sabato.
L'etimologia del nome è incerta, ma alcuni la fanno derivare dal vocabolo latino Pratum, nel plurale Prata, che significa "prato" o "pianura", riferendosi a un'attestazione manoscritta del 1328; la specifica "Principato Ultra" fa, invece, riferimento alla suddivisione amministrativa precedente all'Unità d’Italia. Gli abitanti sono detti pratesi e San Giacomo è il loro patrono.
Il comune si sviluppò intorno all'area del castello, che sorgeva in cima ad una roccia vulcanica. La sua posizione strategica fece sì che il comune assunse notevole importanza perché era possibile controllare il territorio sottostante dal Terminio al Sannio.
Dopo la conquista normanna il territorio fu distaccato dal principato di Benevento e aggregato alla contea di Ariano; munito di robuste fortificazioni, Tufo nel 1266 ospitò una battaglia tra Svevi e Angioini. Con la regina Giovanna II di Napoli il borgo finì sotto la giurisdizione avellinese, rimanendo coinvolto nelle vicende che interessarono l'intera Italia meridionale intorno al 1400, quando passò in mano agli Aragonesi, per essere poi ceduto al conte Piatti di Venezia nel XVIII.
Nel 1866 Francesco Di Marzo scoprì l'esistenza di miniere di zolfo sul territorio comunale. La lavorazione dello zolfo caratterizzò l'economia tufese fino agli anni '60 quando si ebbe la crisi del settore. Nel 1972 le cave furono chiuse e negli anni '90 lo stabilimento cessò definitivamente l’attività.
Il territorio di Santa Paolina è stato abitato fin dall'età neolitica e ha visto la presenza di una civiltà irpina pre-romana nel IX secolo a.C. La leggenda narra che inizialmente il paese si chiamasse S. Felice, ma dopo una frana nel 1814 fu ricostruito vicino a una chiesetta dedicata a Santa Paolina. La sua storia risale all'anno mille, con citazioni in documenti storici, e il paese ha subito diverse dominazioni nel corso dei secoli. Durante il feudalesimo, Santa Paolina era considerata un feudo di basso valore, con una popolazione umile. Nel 1716, il casale era descritto come un luogo con buone risorse idriche e una comunità laboriosa. Nel corso del tempo, il paese ha subito danni a causa di frane e terremoti, ma il nucleo storico, sebbene rimaneggiato, conserva ancora elementi architettonici significativi. Oggi, Santa Paolina è un piccolo borgo ricco di storia e tradizione, situato tra i pendii del Monte San Felice, con chiese e piazze che testimoniano il suo patrimonio culturale.
Torrioni sorge a 645 metri sul livello del mare, incastonato nella media valle del Sabato, una delle principali vallate dell'Irpinia, in provincia di Avellino.
Il territorio comunale, che si estende per circa 4,13 km², si caratterizza per una morfologia collinare-montana, con pendii di media acclività che digradano verso il fondovalle del fiume Sabato.
Dal punto di vista geologico, l'area è costituita principalmente da terreni calcareo-marnosi di epoca miocenica, intercalati da strati argillosi e flysch, che conferiscono al paesaggio la tipica conformazione ondulata.
Il microclima locale presenta caratteristiche di transizione tra quello mediterraneo e quello appenninico, con estati moderatamente calde (temperatura media di 22-24°C nei mesi estivi) e inverni relativamente rigidi (temperatura media di 4-6°C nei mesi invernali).
Le precipitazioni, distribuite principalmente nei periodi autunnale e primaverile, raggiungono una media annua di circa 800-1000 mm.
Questa combinazione di fattori climatici, unitamente alle caratteristiche pedologiche, ha favorito lo sviluppo di una vegetazione mista, con elementi della macchia mediterranea nelle aree più soleggiate e formazioni boschive di latifoglie (prevalentemente querce, castagni e faggi) nelle zone più elevate e ombreggiate.
Montefusco è un affascinante borgo dell'Irpinia, situato a 707 metri sul livello del mare, che offre una combinazione di storia, arte e gastronomia. La sua posizione collinare, con suoli adatti alla viticoltura e un clima appenninico, ha reso il territorio particolarmente fertile e strategico nel corso dei secoli.
Le origini di Montefusco risalgono al VI secolo a.C., con insediamenti degli Hirpini. Durante l'epoca romana, il borgo mantenne un ruolo minore, ma con il declino dell'Impero e l'arrivo dei Longobardi, iniziò a svilupparsi nuovamente. Nel periodo normanno, divenne un feudo e sotto Federico II conobbe un periodo di prosperità.
Con l'arrivo degli Angioini, Montefusco acquisì importanza amministrativa, diventando sede di un tribunale provinciale. Sotto il dominio aragonese, raggiunse il suo apice politico, ma nel XIX secolo, con le riforme napoleoniche, iniziò un declino che portò a un progressivo spopolamento.
Negli ultimi decenni, Montefusco ha visto una riscoperta del suo patrimonio storico e artistico, diventando un "borgo di interesse storico" e attirando l'attenzione turistica.
Altavilla Irpina ha origini antiche, con riferimenti storici che risalgono a Virgilio nell'Eneide. Situata nel cuore dell'Irpinia, a 17 km da Benevento e Avellino, il comune si estende su tre colli e domina le valli del fiume Sabato e del torrente Vellola. La sua storia è segnata da insediamenti fin dalla preistoria e si sviluppa in età romano-longobarda, inizialmente chiamata Altacauda. Nel corso dei secoli, il borgo passò sotto vari signori, tra cui i De Capua, che ne amministrarono le rendite feudali. Importanti edifici storici, come il Palazzo Comitale e la Chiesa dell’Annunziata, furono costruiti nel periodo medievale. Dopo un periodo di crisi nel Seicento, Altavilla si riprese nel Settecento e nell'Ottocento, con l'aggiunta del nome "Irpina" nel 1862 per distinguerla da altri comuni. L'industrializzazione iniziò nel 1866 con la scoperta di miniere di zolfo. Oggi, la memoria storica del paese è commemorata da un monumento ai caduti in guerra.
Petruro Irpino è un comune italiano di 294 abitanti della provincia di Avellino in Campania.
Sorge in posizione panoramica su uno sperone roccioso nella media Valle del fiume Sabato, là dove si insinua nella località conosciuta come Stretto di Barba.
In merito all'origine del toponimo, con riferimento alle tracce di insediamenti di epoca romana ritrovati nel territorio, Petruro deriverebbe dal latino Petra ("rupe", "roccia"), oppure secondo altri da Petrurium, "pietra-roccia". Ipotesi entrambe plausibili considerando l'orografia del luogo.
Nel 1950 al nome Petruro fu aggiunto l'aggettivo "Irpino", con chiaro riferimento al distretto storico-geografico dell'Irpinia.
Al 1240 il paese era un casale di Montefusco. In epoca angioina (1289) il feudo di Petruro era in possesso di Giovanni Mentella. Nel XV secolo era in possesso dei D'Afflitto. Petruro fu possesso feudale dei de Candida alla metà del XV secolo per poi passare ai Calenda agli inizi del XVI secolo. Alla fine del XVI secolo passò ai Matelica e poi ai Marano (XVII secolo). Nel 1695 Carlo II di Spagna investì Gaetano Marano del titolo di marchese di Petruro. La famiglia si estinse alla fine del XVIII secolo con Teresa Marano che sposò Domenico Bonito. Il titolo di marchese passò così al figlio Alessandro Bonito.
Tra il 1927 ed il 1945 Petruro perse l'autonomia amministrativa e fu aggregato a Chianche.